Sandro Beltrami (capogruppo), Carlo Alberto Cozzani, Carla Zovetti
Lab-A (Paolo Bartoletti, Beatrice Colombo, Davide Giauna, Simone Perrone)
ESTRATTO RELAZIONE ILLUSTRATIVA
«Onde si può dire che essi (i ponti) siano parte principale della via e che altro non siano che una strada fatta sopra dell'acqua»[1]
«I ponti formano uno de' più interessanti oggetti della sicurezza e dell'utilità pubblica:riuniscono in beneficio degli uomini quel, che la natura ha diviso nella superficie della terra, in cui non si potrebbe comunicare senza pericoli e senza stenti»[2]
«Un ponte è una costruzione, o un dispositivo materiale, generalmente una piattaforma, che serve a connettere due separati territori»[3]
PREMESSE
Un unico tema, tre definizioni fra ognuna delle quali trascorrono circa duecento anni. Lungo queste grandi "campate" temporali la funzione infrastrutturale dei ponti, immutata nei suoi fondamenti, si è allargata alla progettazione ambientale delle reti complesse che ammagliano il territorio.
Se accostiamo periodi storici connotati da forti accelerazioni espansive, come la conquista romana, la rivoluzione industriale,la crescita tecnocratica del secondo dopoguerra, oppure l'attuale deriva tecnologica e ambientale di comunicazione globale, a tecniche e materiali di costruzione diversamente evoluti, sembra che la funzione e gli aspetti formali dei ponti più che derivare da un processo storico evolutivo, siano quasi una manifestazione dei sistemi di mobilità prevalenti, espressi da dinamiche territoriali,economiche e sociali.
Certamente la principale funzione di un viadotto resta quella di consentire il tragitto di una strada o di un percorso, superando gli “ostacoli” che sì interpongono, e tale funzione principale di “mezzo portante della via ”trova conferma nell’etimo latino "via", che poi è lo stesso che troviamo in "viaggio", "viaggiatore", ecc.
Quando il tracciato ottimale di una strada richiede il ricorso ai ponti, la loro costruzione con l'impalcato viario e tutte le operea ccessorie, i movimenti di terre, i banchinamenti, i canali di drenaggio e di aerazione, configura rilevanti modificazioni del territorio, ampliandone la visione oltre il campo delle opere d'arte dell'ingegneria e dell'architettura, per considerare i ponti quali opere innervate su condizioni territoriali di fondo proprie dell'ambient design.
Quindi vere e proprie architetture nel paesaggio e, nello stesso tempo, luoghi di formazione del paesaggio.
Risulta dunque di rilevante importanza una corretta messa a fuoco del rapporto tra ponti e paesaggio.
Quest’ultimo, non più considerato solamente come un "bene posizionale, di valore particolare, che può essere protetto, valorizzato, tendenzialmente sfruttato, trasformato in bene oligarchico, destinato a precise minoranze"[4], ma piuttosto inteso quale parte di un più ampio tema ambientale i cui valori identificano "entro il concetto di paesaggio, il divenire di una certa società e di un certo territorio"[5] nella sua qualità fondamentale, la qualità della vita relativa a quei luoghi.
Inteso in questo modo, il paesaggio subisce una mutazione continua da naturale ad artificiale, che sposta le dimensioni dell'architettura a quelle della geografia e viceversa.
Questa sorta di processo dinamico d’ibridazione trasforma le costruzioni in paesaggi e le architetture in geografie temporanee, arrivando a volte a manifestare inusuali aspetti naturalistici delle costruzioni,caratterizzati da aspetti di ambivalenza fisica e virtuale, locale e globale.
Questa considerazione del paesaggio, non più categoria fissa di riferimento, lo trasforma in fondamentale requisito di mutazione delle tre condizioni cardinali dell'architettura contemporanea: la scala progettuale, i processi sostenibili di trasformazione e le tecniche costruttive, così da aprire frontidi ricerca e di indagine nuovi e forieri di risultati inattesi.
Nel tempo attuale di grandi trasformazioni, il ponte, quel "filo [...] che unicamente soddisfala sua funzione di unire due separate distanze"[6],ripropone ancora una volta la sua funzione di incontro di luoghi, ma con le condizioni mutanti già previste lo scorso millennio da Italo Calvino[7]: leggerezza materica, rapidità costruttiva, esattezza di linee e traiettorie, visibilità riconoscibile, molteplicità d'uso e di percezione, nell'ineludibile rispetto del sito e dei segni lasciati dall'uomo.
MOTIVAZIONI PROGETTUALI
L’area interessata dall’opera conserva caratteristiche tipiche della Toscana interna: un landscape collinare eterogeneo e variegato, una sorta di mosaico in cui la presenza di aree boscate si alterna alle tradizionali colture a vigna e ulivo.L’aspetto principale del paesaggio è la presenza di morbidi picchi, di cime e di asperità dolci ma anche di storia.
Sin dall’inizio è apparso chiaro che la proposta progettuale si dovesse conformare alle esigenze ambientali di tutela paesaggistica.
Pertanto la soluzione del tema di progetto è scaturita da un approccio pragmatico che ha cercato di coniugare i valori relativi all’opera da realizzare con il suo contesto di inserimento e aspetti oggettivi quali, per esempio, il paesaggio, con aspetti soggettivi legati alla percezione dello stesso.
Infatti si ritiene necessario, non solo tutelare il godimento del paesaggio da punti divista privilegiati, trasversali, ma anche garantirne una fruizione più generale, dai punti di osservazione longitudinale che sono tipici degli utenti del ponte in progetto.
Di argomenti relativi al “paesaggio della strada dal punto di vista dell’automobilista”, già indagò negli anni ’60 Kevin Lynch [8],sulla scorta di studi riguardanti la percezione quale significativo strumento per l’analisi delle forme e degli aspetti sensibili del paesaggio. Il paesaggio osservato dalla strada genera senso dello spazio e funzioni come riferimenti visivi e mezzi per orientarsi.
Obiettivi raggiungibili, in particolare, costruendo sequenze di oggetti lungo la strada.
Consci pertanto del notevole impatto oggettivo che un’opera infrastrutturale di tali dimensioni può avere sul paesaggio e sugli spazi circostanti, il progetto ne prevede un “avvicinamento” al paesaggio con cautela.
Senza la presunzione di valorizzare il paesaggio, ma con il semplice intento di migliorarne e ottimizzarne la fruizione.
La sequenza viene pertanto “costruita” realizzando una cortina semipermeabile lungo il lato Sud, quale divisorio tra la sede carrabile e la sede ciclopedonale. La cortina è pensata come sequenza di montanti verticali –arcuati verso l’interno - di legno lamellare, posizionati a distanze seriali (Fibonacci) a partire dagli assi delle prosecuzioni dei piloni e collegati tra loro con tubolari metallici orizzontali ai quali si agganciano pannelli rettangolari (modulo circa 20x150 cm) che, diversamente combinati, assolvono alle funzioni di:
Schermo acustico fonoassorbente verso la sede della pista ciclopedonale, fino ad altezza di circa 2/2.5 m dal piano stradale;
Listellatura brise-soleil in legno di cedro, da quota 2/2.5 a q 6 m circa;
Impianto di captazione fotovoltaico, in pannelli di silicio policristallino, per complessivi circa 600 mq e produzione 75 kWp.
La cortina viene percepita come sequenza di elementi verticali dal lato carrabile, il cui ritmo aumenta il senso di velocità degli automobilisti; mentre dal lato ciclabile viene percepita come una sequenza di elementi prevalentemente orizzontali con effetto di diminuzione del senso di velocità.
L’ impalcato del ponte ha sezione trasversale variabile costante lungo lo sviluppo longitudinale, realizzato in calcestruzzo armato precompresso, gettato in opera con il sistema di avanzamento a sbalzo per conci successivi (V. paragrafo 02).
I piloni hanno sagoma a “V” e sezione poligonale piena, realizzati in calcestruzzo in opera e innestati su strutture di fondazione costituite da piattabande e sottostante palificata.
I piloni proseguono oltre il piano dell’impalcato con delle strutture verticali in calcestruzzo che, completando la sagoma dei piloni, hanno funzione di sostegno di irrigidimento della cortina in legno.
Tali scelte strutturali consentono di minimizzare il peso proprio strutturale e di conseguire soluzioni ottimali in termini di luci e snellezze, ed in ultima analisi di costi del manufatto.
Il tracciato planoaltimetrico del ponte e delle strade di raccordo recepisce le caratteristiche esplicitate nello Studio di Fattibilità, conservando, quindi, la grande semplicità ed il ridotto impatto dell’opera, creando una connessione fluida con il tessuto viario esistente.
Il ponte-viadotto, quale opera d'arte dell'ingegneria civile, riprende le regole metodologiche della costruzione stradale, la valutazione del territorio e dei terreni, il bilanciamento dei costi con i benefici, la stabilità e la sicurezza delle opere di costruzione, la valutazione degli impatti ambientali. La sicurezza statica e dinamica, la durabilità e l’economia, hanno dunque rappresentato i requisiti prestazionali di base per il ponte-viadotto, così come per la strada che lo incorpora.
Si ritiene che la proposta progettuale possa assolvere ai requisiti Storico-Ambientali,Formali, Funzionali, Economici, Normativi e Strutturali richiesti dal bando di concorso.
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[1] A. Palladio, I quattro libri dell'architettura, 1570,ripr. fac-simile ed. Il Polifilo, Milano, 1980.
[2] F. Milizia, Principj di Architettura Civile, 1785,ripr. fac-simile ed. Sapere 2000, Roma, 1991.
[3] The Metapolis Dictionary of AdvancedArchitecture, ed. ACTAR, Barcellona, 2003.
[4] B. Secchi, "Territorio, Economia, Società",in Urbanistica, n. 86 /1987.
[5] E. Sereni, Storia del Paesaggio Agrario Italiano,Laterza, Bari, 1961.
[6] P. Picasso,Scritti, S.E. edizioni, Udine, 1998.
[7] I. Calvino,Lezioni Americane – Sei proposte per il prossimo millennio, 1993, ed. Mondadori,Milano
[8] K. Lynch, D. Appleyard, J. R. Myer, The Viewfrom the Road, MIT ed, 1964, Cambridge
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